venerdì 12 ottobre 2012

La chiamavano bocca di.... leone!

L'autunno e' iniziato, gli alberi cominciano a lasciar cadere le foglie (e mio figlio ride, lo trova divertente) e alcuni fiori che ho seminato a primavera, cominciano a seccare.

Nel vaso davanti l'ufficio delle poste, le bocchedileone selvatiche hanno ormai perso tutti i petali (si possono chiamare petali, quelli delle bocchedileone?) e stanno restando delle palline contenenti decine di semi piccolissimi.

Considerato che l'anno scorso, in questo periodo, ero in giro per la campagna a cercare di racimolare quanti piu' semi potessi, questa volta ho approfittato della comodita' di averne un bel mucchio gia' a portata di mano.

Raccogliere i semi mi piace, per due ragioni: la prima e' che, per un giardiniere (autorizzato o meno), e' come raccogliere il frutto da una pianta che hai coccolato per una stagione intera; la seconda e' che in qualche modo ti proietta gia' nel futuro, verso gli attacchi della prossima primavera.

Ma oggi e' successo qualcosa di speciale.
Mentre raccoglievo i semi, mi sono reso conto che certe mie opinioni sul guerrilla gardening sono cambiate moltissimo.
All'inizio, carico di entusiasmo e con nessuna esperienza alle spalle, scorrevo le pagine di un libro sui fiori per scoprire quali piante (magari fiorite) potessero rappresentare un buon investimento.
In pratica, cercavo piante a basso costo e, soprattutto, perenni (per non doverle ricomprare di nuovo).

Ho cosi' cominciato a tentare talee di ogni specie, anche di arbusti ed alberi.
Mi dicevo: un albero e' per sempre.

Poi, sempre per questioni economiche, ho cominciato a sperimentare i semi (prima quelli acquistati e poi quelli recuperati da piante selvatiche).
Devo ammetterlo: le aiuole seminate, non hanno un gran bell'aspetto, da principio.
L'erba selvatica, infatti, lascia il posto a cio' che appare come terra brulla.
Una delle mie amiche, su Facebook, commento' le foto dell'operazione "Un posto al sole" dicendo:

"Giardino zen?"

Poi, pian piano i germogli sono spuntati fino a diventare allegre zinnie o imponenti girasoli in fiore.
L'assiduita' con cui ho dovuto prendermi cura dei giovani virgulti, ha fatto si' che qualche Cittadino prendesse confidenza con la cosa fino ad imitarmi (a breve postero' delle foto di cio' che sta succedendo da queste parti).

Ed ecco la rivelazione (siamo alla fine del post, caro il mio unico lettore!).

Un albero, per quanto bello, una volta cresciuto puo' cavarsela da solo. O almeno da' quest'impressione: e' ben difficile che un Cittadino si prenda la briga di portarsi un innaffiatoio pieno d'acqua per bagnare le radici di un oleandro o di un pino.
Diversamente, i fiori, pur essendo effimeri (o forse proprio perche' sono effimeri), richiedono attenzioni maggiori, cure piu' assidue e, certamente, sono in grado di mutare notevolmente un paesaggio nel giro di poco.
Ecco perche' comincio a preferire i fiori, per i miei attacchi. E i semi.

A mio avviso, la partecipazione della Cittadinanza si stimola maggiormente (laddove si riesca) con i fiori, piuttosto che con gli alberi. Un gesto ripetuto nel tempo, che all'inizio appare folle, ma che poi mette radici (e' il caso di dirlo) piu' di un albero.

E poi, in fin dei conti, lo diceva anche quella canzone:

"Mettete dei fiori nei vostri cannoni".

Fiori. Mica alberi.

PS: a smentire tutto cio', in occasione della seconda Giornata Nazionale di Guerrilla Gardening Italiano (4 novembre), piantero' un albero di ligustro.


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